Democrazia partecipata in Sicilia: lo stato dell’arte nel settembre 2023

Democrazia partecipata in Sicilia: lo stato dell’arte nel settembre 2023

Siamo agli ultimi mesi dell’anno, quelli in cui di solito un buon numero di Comuni attiva, pur in ritardo, o completa il proprio processo di democrazia partecipata. Ma qual è lo stato dell’arte rispetto alla normativa regionale in questo settembre 2023? Per saperlo bisogna guardare ai dati e alle informazioni pubblicati da “Spendiamoli Insieme”, sito di monitoraggio civico sull’attuazione e i risultati della legge siciliana sulla democrazia partecipata.

Comuni in ritardo di un anno (o anche due)

Secondo la scadenza fissata in circolare regionale (la n. 9 del 16 giugno 2021) entro il 15 settembre gli Enti locali dovrebbero ricevere dalla Regione la scheda di rilevazione da compilare attestando gli impegni di spesa. Ed entro il 31 gennaio dell’anno successivo dovranno dimostrare la spesa effettuata. In caso contrario saranno sanzionati, perdendo le risorse non impiegate.

Ma alcuni Comuni sono decisamente ritardatari. In testa a questa graduatoria negativa c’è Marianopoli nel Nisseno che a giugno 2023 completa il processo del 2021, registrando più di due anni di ritardo. Poi viene Carlentini nel Siracusano che ha aperto il processo dell’anno scorso pochi giorni fa. Infine, c’è Caltavuturo nel Palermitano che solo nel febbraio di quest’anno ha attivato il processo dell’anno scorso avviando però in contemporanea anche quello del 2023 (e completandoli entrambi in tempi record, “facilitati” dal fatto che le proposte tra cui scegliere sono presentate dal Comune stesso e non dai cittadini, contro quanto previsto dalla norma).

Se questo è il podio, si fa per dire, subito sotto, tutti con un anno di ritardo o poco più, ci sono altri 14 Comuni. E infatti nell’Agrigentino Montevago, Porto Empedocle e Comitini completano tra maggio e giugno di quest’anno il processo di democrazia partecipata dell’anno scorso, nel Nisseno a giugno di quest’anno si completa il processo 2022 di Campofranco, nel Catanese tra marzo e luglio 2023 chiudono il processo dell’anno scorso Aci Castello, Mineo, Motta Sant’Anastasia e Riposto, nel Messinese Sant’Alessio Siculo chiude il processo 2022 nel marzo 2023, nel Palermitano tra gennaio e luglio di quest’anno portano a compimento i processi dell’anno scorso Bagheria, Prizzi e Scillato, nel Siracusano Lentini chiude il 2022 a giugno 2023 e Canicattini Bagni lo fa ad aprile 2023. Infine, nel Trapanese chiude il 2022 a maggio 2023 Custonaci.

Non basta. Sono 215 i Comuni che ancora non hanno avviato il processo per l’anno in corso: il 72,4% dei Comuni nel Catanese, il 68% nel Siracusano, il 64% nel Trapanese, il 56,8% nellAgrigentino, il 53,6% nel Palermitano, il 50% nel Nisseno e nell’Ennese, il 42,5% nel Messinese e il 33% nel Ragusano.

Regolamento, questo sconosciuto

Ma ci sono ritardi di altro genere e che impattano ancora di più. Ci sono infatti Comuni che non hanno ancora adottato l’atto fondamentale per definizione, il regolamento di democrazia partecipata, obbligatorio dal 2019 secondo il dettato della L.R. 8/2018 (art. 14 comma 6).

Stando alle verifiche dei ricercatori di “Spendiamoli Insieme”, 52 Comuni siciliani ne sono ancora privi. E tra questi c’è Catania, capitale dell’omonima area metropolitana ed ente locale che dispone ogni anno di circa 200 mila euro per la democrazia partecipata. Sempre nel Catanese senza regolamento sono anche Castel di Iudica, che si segnala per non aver mai attivato il processo, Linguaglossa, Maniace, che è fermo da tre anni, Mascalucia, Mazzarrone, Nicolosi, San Pietro Clarenza e Scordia, gli ultimi due peraltro inadempienti “da sempre”.

Nell’Area Metropolitana di Messina si tratta invece di Alì Terme, Antillo, Castell’Umberto, Furnari, Graniti, Gualtieri Sicaminò, Itala, Letojanni, Mongiuffi Melia, Montagnareale, Motta d’Affermo, Roccafiorita, Santa Lucia del Mela nonché quattro Comuni che risultano inadempienti dal lontano 2016 e cioè Mazzarrà Sant’Andrea, Novara di Sicilia, Pace del Mela e Pettineo.

Nell’Area Metropolitana di Palermo senza l’atto fondamentale sono Balestrate, Blufi, Borgetto, Caccamo, Campofelice di Fitalia, Castronovo di Sicilia, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Piana degli Albanesi, Roccamena, Sclafani Bagni, Trabia (qui il Regolamento è stato approvato in Giunta ma deve ancora passare all’esame del Consiglio Comunale), Trappeto e Casteldaccia, che non ha mai attivato l’iter.

Nell’Agrigentino risultano non avere il regolamento anche Aragona, ferma da tre anni, Calamonaci, Campobello di Licata, Favara, inadempiente dal 2017 in poi, nel Nisseno Acquaviva Platani e Montedoro, fermo da tre anni, nell’Ennese Nissoria, inadempiente da sempre, Piazza Armerina, che ha attivato l’iter solo nel 2018, e Pietraperzia, nel Ragusano Vittoria, nel Siracusano Augusta, fermo dal 2018, nel Trapanese Castelvetrano. Qui però lo scorso 6 settembre la Giunta ha approvato una proposta di Regolamento, che ora dovrà essere esaminata e approvata dal Consiglio Comunale.

Progetti da presentare? Ci pensa il Comune

Al di là del regolamento, alcuni passaggi sono molto chiari in normativa. “Ogni cittadino o gruppo di cittadini, purché residenti nel rispettivo territorio comunale, può presentare un progetto” recita la legge del 2018. Eppure non succede dappertutto. Ancora oggi ci sono luoghi in cui il cittadino non lo può fare e deve accontentarsi di scegliere l’area tematica nell’ambito della quale sarà poi il Comune a mettere in piedi un’opera o un servizio realizzato con i fondi della democrazia partecipata.

Qualche caso per capire meglio? A Cesarò, Castelmola, Condrò , Ficarra , Militello Rosmarino e San Fratello nel Messinese il processo porta alla selezione della sola area tematica e non di un progetto specifico e così pure a Caltavuturo nel Palermitano. A Blufi, sempre nel Palermitano, nel 2022 sono stati finanziati 5 progetti tutti presentati dal Comune e nel 2023 sono stati finanziati 4 progetti, anch’essi presentati dal Comune. E a Trapani, capitale dell’omonima ex provincia, il Comune chiede ai cittadini di scegliere tra due o più aree dando a ciascuna area un finanziamento percentualmente pari ai voti ricevuti. E ancora: a Biancavilla nel Catanese quest’anno non è arrivata neanche una proposta da parte dei cittadini e dunque il progetto lo ha deciso il Comune.

Situazione particolarissima a Modica dove l’amministrazione quest’anno decide di non avviare il processo 2023 destinando i fondi al progetto secondo classificato del processo 2022. Curiosità nella curiosità: questo progetto “ripescato” dal Comune era stato sì il secondo più votato, ma aveva ricevuto in tutto 8 voti, mentre il primo ne aveva conquistati 970.

Far votare i cittadini? Si, no, forse

Ancora nel 2023 ci sono pure Comuni i cui cittadini non possono votare per scegliere il progetto o i progetti da finanziare con la democrazia partecipata. Peccato che la legge regionale 8 del 2018 (art. 14) prescriva che “la valutazione dei progetti spetta alla cittadinanza, che deve essere messa nelle condizioni di esprimere una preferenza”. Di più. Sempre nel 2018, una circolare regionale (la n. 14 del 12 ottobre) lo ribadisce a scanso di equivoci (“la valutazione dei progetti dovrà essere assunta dall’intera cittadinanza che in tal modo esprimerà una preferenza”).

Eppure non possono esprimere la propria preferenza, perché la proposta da finanziare viene scelta dall’amministrazione comunale, i cittadini di molti Comuni: Bivona, nell’Agrigentino, quelli di Cerami nell’Ennese, San Marco d’Alunzio, Santa Teresa di Riva e Venetico nel Messinese, Gratteri, Marineo, dove però si tiene anche un’assemblea cittadina, Pollina, San Cipirello, San Giuseppe Jato nel Palermitano, Santa Croce Camerina nel Ragusano, Buccheri nel Siracusano, Poggioreale nel Trapanese.

In più sono numerosi i casi in cui la votazione da parte dei cittadini non è formalmente esclusa, ma lo è di fatto. Di solito perché i fondi bastano ad attuare l’unico progetto o i pochi progetti presentati o ritenuti ammissibili. Succede quest’anno – per fare qualche esempio – a Burgio (un solo progetto presentato), Cianciana (idem), Raffadali (idem) e Siculiana (tre progetti l’anno scorso, cinque quest’anno, tutti coperti dal budget) nell’Agrigentino, Bompensiere (un solo progetto presentato) e Serradifalco (una sola proposta) nel Nisseno, Valguarnera Caropepe (tre proposte e una sola accolta) e Aidone (un solo progetto presentato) nell’Ennese, Basicò (un solo progetto presentato), Capri Leone (4 proposte tutte finanziate), Torregrotta (una sola proposta) nel Messinese, Bisacquino (presentati due progetti entrambi finanziati), Giardinello (un solo progetto presentato) e Termini Imerese (presentata una sola proposta) nel Palermitano, Comiso (sette progetti tutti finanziati) nel Ragusano.

La chicca? A Mirabella Imbaccari nel Catanese nel 2023 sono arrivate 82 schede di proposta, tutte recanti come oggetto il Carnevale, che poi naturalmente è risultato il progetto da finanziare.

Una questione di partecipazione

Non si insisterà mai abbastanza sull’importanza di coinvolgere i cittadini in un processo che è tutto dedicato proprio a loro. I casi in cui le proposte presentate sono poche, o addirittura una sola, sono l’altra faccia della medaglia dei casi in cui a votare vanno in pochi, quando non pochissimi. Spigolando qua e là, ecco che val la pena di segnalare, in negativo, naturalmente, e giusto per dare un’idea,  che quest’anno soltanto 24 cittadini hanno deciso la destinazione dei fondi di democrazia partecipata di Trapani, per non parlare dei soli 4 voti di Antillo, dei 5 di Burgio e di Naso,  dei 6 di Condrò, dei 9 di Mongiuffi Melia e Furci Siculo, dei 10 di Gualtieri Sicaminò. E la lista potrebbe continuare. E tutto ciò al netto dei tanti Comuni per i quali semplicemente non è dato sapere il numero dei votanti.

Iria Cogliani

Le informazioni contenute nell’articolo sono aggiornate al 20 settembre 2023.