Chiedono che la legge sia finalmente attuata, per potere utilizzare i fondi che rende disponibili ma soprattutto per il valore dell’esperienza di partecipazione.
A Partinico, cittadina di 30917 abitanti dell’Area Metropolitana di Palermo, la storia della democrazia partecipata è una storia di segno negativo. I soldi risultano mai spesi, i processi mai avviati, il regolamento mai adottato. Un gruppo di enti del terzo settore ha quindi deciso di non stare alla finestra e, con una lettera depositata il 15 settembre, ha posto nero su bianco il duplice obiettivo di realizzare subito i passi necessari per l’attuazione delle normative, a partire da un incontro «aperto alla partecipazione delle associazioni e di chiunque sia interessato a discutere il tema».
L’iniziativa ha un suo piccolo ma importante background. Le associazioni hanno chiesto, ottenendole, informazioni e collaborazione alla squadra di “Spendiamoli Insieme”, il progetto dedicato alla democrazia partecipata in Sicilia della no profit Parliament Watch Italia. Si sono svolte riunioni, online e in presenza, per studiare norme e circolari. Tutte insieme le organizzazioni si sono date un programma di lavoro che stanno rispettando punto per punto. E via via che si andava avanti, la partecipazione in seno al gruppo che aveva fatto partire l’iniziativa si è arricchita di nuovi componenti. Adesso, a firmare la lettera, sono 10 enti: Partinico Solidale – Circolo Arci PaSol, Ass. “Io come voi, Delegazione DS 41 del CeSVoP, Inikon, Ass. “Opera Blu”, Cittadinanza Attiva, AVO Partinico, Centro aiuto alla vita Partinico, Movimento per la vita Partinico, AVIS Partinico. I 10 firmatari sono supportati, oltre che da Spendiamoli Insieme, anche dal CESVOP, il Centro Servizi per il Volontariato del Territorio
Il documento è indirizzato alle dottoresse Concetta Caruso, Maria Baratta e Isabella Giusto, le commissarie prefettizie che, fino al nuovo appuntamento con le elezioni amministrative, fissato per il 13 novembre, reggono il Comune di Partinico, sciolto per mafia un paio di anni fa.
Alle commissarie le associazioni ricordano che «il Comune di Partinico risulta inadempiente tanto che dal 2016 è obbligato a restituire tali somme in quanto inutilizzate», ma ribadiscono anche che, come dichiarato dalla Regione nelle circolari ufficiali, «il bilancio partecipativo permette alla popolazione di inserirsi nell’intero processo decisionale relativo alla manovra di bilancio, attraverso il suo coinvolgimento nella scelta degli obiettivi e delle modalità di spesa delle risorse pubbliche per interventi nel territorio» e consente alla cittadinanza di «precisare i bisogni e a stabilire le priorità in vari campi o settori (ambiente, educazione, educazione, salute, viabilità, ecc)».
Valori, questi, che le associazioni di Partinico considerano irrinunciabili. Anzitutto sotto il profilo sociale e civico. I fondi disponibili non sono infatti grande cosa. Si tratta – secondo l’ultimo dato ufficiale, quello del 2020 – di poco più di 12 mila euro annui. Ma è il principio della partecipazione a essere ineludibile. Non per caso nella lettera i firmatari, oltre a dare tutte le informazioni tecniche, compresi i vincoli e gli obblighi previsti dalla normativa siciliana, richiamano esempi di partecipazione avanzata, dalla Consulta pubblica di Napoli, primo esempio in Europa di un organismo istituzionale partecipato sui temi del debito, alle riunioni di quartiere attivate da Bologna per condividere tutte le fasi del bilancio partecipativo.
La conclusione della lettera è una richiesta precisa: si predispongano tutti gli adempimenti e gli atti necessari a «garantire la reale partecipazione e il coinvolgimento diretto, consapevole, e informato dei cittadini e delle cittadine», attraverso l’adozione di un apposito Regolamento sulla democrazia partecipata comunale «che sia già predisposto in maniera partecipata, cioè discusso pubblicamente», e si realizzi, pertanto, «un incontro aperto» nel quale informare la cittadinanza e raccoglierne indicazioni e spunti.
Iria Cogliani
Partinico, foto di Royo82, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons